domenica 3 ottobre 2021

LA SCRITTURA CREATIVA RIAPPRODA AL BESTA!

 "Il Giovane Creativo", corso di scrittura promosso da tanti anni al Besta come ci ricorda la professoressa Tiziana Colasanti, produce sempre qualche novità! In questa occasione sono due i racconti che vogliamo proporti, quello di Christian e quello di Arianna, racconti diversissimi e da leggere tutti d'un fiato... Eccoli per Te! 
SUL TRAM 5 Di Arianna NOCE (classe 2* I LES) La signora Agata, come tutte le mattine perfettamente puntuale, si recò alla fermata del tram più vicina a casa: salì e si guardò attorno. A quell’ora non c’era tanta gente, così decise di sedersi accanto a un ragazzo con una macchina fotografica appesa al collo, intento ad osservare i suoi scatti. “Ho visto che ti piace la fotografia” disse gentilmente la signora Agata. “Sì, è una mia grande passione” rispose il ragazzo. “I miei genitori mi hanno iscritto al liceo classico, nonostante volessi andare in un istituto tecnico specializzato in grafica e fotografia. Diventare un fotografo è il mio sogno. Ah, che maleducato!” proseguì il ragazzo, “non mi sono presentato: piacere, mi chiama Cesare”, disse porgendo la mano. Cesare era un ragazzo solare, sui sedici anni, con i capelli biondi e mossi, occhi scuri e un viso lentigginoso. “Piacere, il mio nome è Agata”. Durante il viaggio Cesare continuò a parlare fitto fitto di fotografia: riteneva infatti che pittori, cantanti e scrittori, ognuno con i propri strumenti, fossero in grado di creare immagini facendo sentire lo spettatore catturato. La signora Agata era molto colpita dal ragazzo ed era curiosa di conoscerlo meglio. Parlarono a lungo, sino a quando Cesare scese con lo zaino in spalla e la fotocamera appesa. Il giorno seguente, la signora Agata si recò alla solita fermata del tram 5. Salì e osservò i posti con i loro rispettivi passeggeri. Una donna di mezza età dai capelli corti sul biondo e occhi scuri attirò la sua attenzione. La cosa che più attirava la signora Agata verso questa signora erano i vestiti e soprattutto il suo portamento fiero. La signora Agata si avvicinò e chiese il permesso di sedersi. Passarono cinque minuti e quando Agata finì di analizzarla, capì di non avere molti interessi in comune, così decise di iniziare la conversazione con qualcosa di cui a tutti piace parlare: sé stessi. Girò il volto e chiese informazioni personali alla signora. Dal modo di parlare e di esprimersi, Agata capì che si trattava di una persona molto decisa, che voleva sempre far valere la sua opinione. Il suo nome era Gemma, sposata e con figli. Da come raccontava, sembrava vivere una vita perfetta. Raccontò molto di uno dei suoi figli, ma dagli occhi Agata capì che si trattava di un ritratto dipinto da un cieco. La donna sembrava ossessionata dal figlio, e dopo avere estrapolato il nome, Agata capì che il figlio “perfetto” in realtà era il ragazzo appassionato di fotografia incontrato il giorno precedente. “Buongiorno”, disse Agata il giorno successivo a Gemma. Si rincontrarono, ma non per una casualità: Agata aveva intenzione di fare qualcosa. Le due si salutarono e si chiesero reciprocamente come proseguivano le loro giornate. Agata ne approfittò per parlare di ciò che aveva in mente. “In realtà, non sto tanto bene” disse Agata, “la notte faccio fatica a dormire a causa di un pensiero costante che mi tormenta. La nipote di una mia amica deve scegliere la scuola superiore. La famiglia vuole mandarla al liceo scientifico tradizionale, per farla diventare un medico. La ragazza mi ha confidato che non vuole. Non so se dirlo ai genitori: so che desiderano il meglio per la figlia, ma è più importante che sia la ragazza a decidere. La scelta della scuola superiore è complessa, soprattutto a quell’età: i suggerimenti e i consigli sono opportuni, ma decisioni prese al posto degli altri no”. Gemma rimase in silenzio, fino a quando disse che forse era opportuno che Agata comunicasse il pensiero della ragazza ai genitori, dopodiché scese dal tram. Un anno dopo … Cesare cambiò scuola. Nei giorni precedenti l’atmosfera fu cupa, Cesare non capiva il perché i suoi genitori avessero cambiato idea, fino a quando una sera Gemma entrò nella sua camera e gli raccontò dell’anziana signora incontrata sul tram. A quel punto Cesare capì che si trattava della signora Agata. Il giorno successivo si recò alla solita fermata del tram 5, allo stesso orario di quando la aveva incontrata. Salì e bordo e rimase fino al capolinea, dove il conducente lo obbligò a scendere. Fu così per due settimane, fino a quando chiese informazioni al conducente del tram, il quale gli rispose che era da un po’ che non la vedeva più. Cesare si fece dare il nome della fermata e si avviò a casa. Cesare voleva rincontrala e ringraziarla per quello che aveva fatto. Arrivò tardi a casa e dopo aver mangiato entrò in camera sua, accese il computer, entrò nel browser e cercò “Ospedale Maggiore Niguarda”. “è di sicuro la sua destinazione” pensò. Ma non aveva idea se quella fosse la tappa finale. Il giorno successivo, decise di scriverle una lettera, per poi consegnargliela. Non pensava di riuscire a ringraziarla a voce con le parole giuste. Prese lo zaino, l’abbonamento e si diresse verso la fermata del tram 5. Arrivò alla “famosa” fermata e fece la cosa che gli venne più spontanea: dirigersi verso l’ospedale. Entrò e chiese informazioni. La descrisse nel modo più dettagliato possibile, ma all’accettazione risposero di non avere mai visto nessuna paziente corrispondente alla sua descrizione. Una signora anziana, che aveva sentito la conversazione, si avvicinò e chiese se si trattasse di Agata. Cesare annuì. “Ragazzino” disse la signora “non so bene come dirtelo, ma Agata è morta: veniva qui tutti i giorni per suo marito, ma lui non era l’unico a stare male”. Cesare sentì un vuoto al petto, per un paio di minuti stette in silenzio, per poi uscirsene con un “grazie”. Uscì dall’ospedale, era sconvolto: la signora anziana che si preoccupava degli altri era morta. Si faceva raccontare i problemi altrui, ma la persona che stava veramente male era lei. Non le aveva mai chiesto come stava.


IL MIO RACCONTO

di Christian Perlangeli (2* H)


Era un normale week-end di luglio quando Samuele decise di partire per un viaggio in Italia. 

Appena ebbe dato la notizia a tutti i suoi familiari, che rimasero sconvolti per questa sua scelta, si fece accompagnare fino all'aeroporto di Orio al Serio. Decise di andare in direzione Roma. 

Dopo 2 noiose ore di volo ecco il primo intoppo, Samuele si accorse di aver lasciato la carta d'identità in valigia, ma senza carta di identità non poteva prendere il suo bagaglio. 

Così, spiegato il tutto alla polizia presente all’aeroporto di Fiumicino, gli fecero prendere la valigia e, con se, anche la carta di identità.

Uscito dall’aeroporto arrivò nell’hotel in cui doveva alloggiare e incontrò un suo vecchio compagno di classe, Filippo.

I due parlarono per ore fino a quando decisero di andare a mangiare in centro a Roma, in un localino che sia esteriormente che interiormente era molto curato. 

Presero un caffè e continuarono a parlare.

Parlarono, parlarono e parlarono, le ore nel mentre passavano di nuovo.

Si era fatto tardi e tornarono in hotel. 

Stavano per imboccarne la via, quando videro una donna che veniva aggredita da quello che pareva essere un ladro. 

Filippo, appena ebbe realizzato che cosa stava accadendo, corse via a gambe levate. 

Samuele invece non stette lì con le mani in mano ma subito si lanciò contro i 2 mascalzoni.

Data una bella lezione a quei delinquenti, si accorse che la signora non era che il sindaco di Roma, Virginia Raggi.

La donna ringraziò con il cuore Samuele e gli chiese se il giorno seguente sarebbe potuto venire in comune; Samuele senza pensarci due volte accettò.

L’indomani Samuele andò in comune, come gli era stato detto. 

Senza nessun preavviso ci fu una cerimonia per festeggiare “l’uomo che aveva salvato il primo cittadino”. 

Samuele rimase sconvolto da tutto questo e, gli fu regalata anche una macchina stupenda: Una Ferrari 488 GT.

Non stava più nella pelle era troppo eccitato.

Samuele allora passò dall’hotel, prese le sue valigie e partì per tornare a Milano.

Dopo 5 ore di viaggio arrivò e suo fratello, era così sconvolto da svenire sul posto.

I due fecero un giro, nel mentre che Samuele raccontava le avventure che aveva vissuto

 

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